Piaghe dell’Istruzione Pubblica napoletana

Napoli, agosto 1860. Francesco II sta di malavoglia tentando di riverniciare di liberalismo il suo trono col nominare un nuovo governo e concedere una costituzione, provvedimenti che serviranno solo a innescare un conflitto politico e sociale che sfocerà poi nel “Grande brigantaggio” post-unitario. Nelle botteghe dei librai compare intanto un libello anonimo – come accadeva spesso in quegli anni per sfuggire alla vigilanza poliziesca, ma scritto da Francesco Del Giudice, uno studioso di problemi pedagogici – che descrive le condizioni del pubblico insegnamento nel reame: titolo, «Piaghe dell’Istruzione Pubblica napoletana».

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La «Guantanamo» dei Borbone

Alcuni anni fa suscitò grande scandalo la notizia, diffusa dalla barese «Gazzetta del Mezzogiorno», secondo la quale «il Nord voleva una “Guantanamo” per la gente del Sud» (le citazioni tra virgolette sono testuali). L’11 ottobre 2009 infatti la «Gazzetta», quotidiano nel quale aveva lavorato per anni Pino Aprile, informava i suoi lettori che «per battere il brigantaggio, i piemontesi volevano aprire una “Guantanamo” in cui deportare tutti i meridionali». Considerando che nelle regioni meridionali del neonato Regno d’Italia vivevano allora circa nove milioni di persone, doveva trattarsi di una «Guantanamo» decisamente estesa.

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I borbonici contro i neoborbonici

L’universo neoborbonico non riesce a spiegarsi il crollo del Regno delle Due Sicilie nell’arco di pochi mesi – la rivoluzione siciliana, riaccesasi nella primavera 1860, conosce una accelerazione improvvisa con lo sbarco dei Mille a Marsala; quattro mesi dopo c’è un governo garibaldino a Napoli – se non attribuendolo ad un complotto planetario che dura ancora oggi, alla corruzione di migliaia di ufficiali borbonici di tutte le armi, e fors’anche al sostegno delle potenze infernali al Piemonte governato da orde di massoni scristianizzatori.
Eppure le cause profonde di quel crollo erano ben note alla sua vigilia anche agli esponenti più fedeli della dinastia. È sufficiente leggere i testi di quel campione del legittimismo che fu Giacinto De Sivo, citatissimo ma scarsamente studiato dagli “storici” accorsi sotto le bandiere del revisionismo alla Antonio Ciano o alla Pino Aprile.

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Il pensionato è mio…

La fantasia neborbonica non conosce confini, spazia senza soluzione di continuità dal campo scientifico a quello artistico, da quello economico a quello finanziario senza risparmiare il settore mutualistico e previdenziale. In un lunghissimo elenco di primati suddivisi per anno consultato in data 18 maggio 2020 nel sito del “Movimento neoborbonico” si legge infatti: «1818 prima istituzione del sistema pensionistico in Italia (con ritenute del 2% sugli stipendi)». La notizia è falsa.

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Per fortuna che c’è Lombroso

Il neonato ma perfido Regno d’Italia ricorreva ai mezzi più subdoli per sterminare i soldati meridionali. Ce lo garantì,qualche anno fa Pino Aprile riprendendo una scoperta di Gigi Di Fiore, uno studio statistico sanitario sui «decessi nell’armata italiana» pubblicato nel 1864 nella «Rivista clinica di Bologna». Con la garanzia di due calibri del genere di Aprile e Di Fiore, a chi verrebbe mai l’ombra del dubbio sulla precisione di questi dati? E infatti sulla «Rivista clinica di Bologna» pubblicata nel 1864 quello studio non c’è.

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