Economia

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Nitti e i neosuddisti

Tra le vittime illustri della propaganda del neoborbonismo si conta anche Francesco Saverio Nitti,
economista, presidente del Consiglio dei ministri del regno d’Italia, critico severo del malgoverno borbonico.
Eppure Nitti è citato frequentemente quale testimone della veridicità delle panzane che qualche storico fai-
da-te va spargendo per il web o altrove.

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EconomiaTrasporti

I treni fantasma di Nicola Zitara

Uno dei trofei sventolati dal mondo neoborbonico per rivendicare il maggior sviluppo industriale del regno di Ferdinando II rispetto agli altri stati preunitari è la “vendita” di locomotive e carrozze ferroviarie prodotte nello stabilimento di Pietrarsa al Regno di Sardegna. Si tratta in realtà di una menzogna costruita cinicamente ad arte da Nicola Zitara («L’Unità truffaldina», e-book consultabile in rete, p. 125, nota 59), e diffusa da un’abile propaganda sulla rete o attraverso testi redatti da dilettanti in cerca di notorietà.

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BufaleEconomia

Una bufala per il riso

Circola da anni – e la si può ancora trovare oggi 28 aprile 2023 ad esempio nel blog “Terroni” – l’accusa al Regno d’Italia, anzi ai “Savoia” che a quanto pare nel regno facevano tutto personalmente, di aver proibito nel 1861 la coltivazione del riso in Sicilia ovviamente al fine di proteggere la produzione del “Nord”. Chiedere ai suoi propalatori quale norma di legge abbia introdotto questo divieto è inutile: le fonti alle quali si è rimandati sono vari e vaghi riferimenti giornalistici. Si tratta – ma nessuno se ne stupirà – dell’ennesima fandonia per creduloni.

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EconomiaTrasporti

Ferrovie? No, grazie

La carenza di vie di comunicazione costituiva, notoriamente, uno dei maggiori svantaggi per lo sviluppo dell’economia siciliana in epoca preunitaria (e purtroppo anche post; ma questa è un’altra storia). E non sempre la causa era la mancanza di fondi. Il procuratore regio Pietro Calà Ulloa, in un celebre rapporto al suo ministro del 1838, scriveva che malgrado dal 1817 fosse stata imposta nella provincia di Trapani una tassa finalizzata proprio alla costruzione di strade, in oltre vent’anni «non si ebbero che sole tre miglia di via provinciale».

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Economia

Se sei assente ti premio

«Cosa dolorosa fu che delle manifatture di quella nobilissima parte d’Italia su cui si stende il Regno delle Due Sicilie, non apparisse all’Esposizione Universale segno alcuno». Con queste parole Filippo Corridi, direttore dell’Istituto Tecnico Toscano, esprimeva il proprio rammarico per la mancata presenza del regno borbonico alla «Great Exhibition of the Works of all Nations» apertasi a Londra il 1° maggio 1851, la prima delle manifestazioni universali che si sarebbero celebrate nel corso del secolo. All’Exhibition non si affidava però soltanto il compito di esibire il livello di sviluppo tecnologico e dei progressi compiuti nei settori industriali avanzati da ciascun paese. Voleva segnare anche l’inizio di una nuova era caratterizzata da un sistema di relazioni tra i popoli fondato non sulla guerra ma su una competizione pacifica che avrebbe portato “al progresso attraverso un proficuo scambio di “lezioni” reciproche sul terreno delle arti civilizzatrici, ovvero delle produzioni industriali capaci di migliorare il gusto e il benessere della popolazione”.

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Economia

Azioni e bovini

Già agli inizi degli anni Sessanta del secolo appena trascorso – ormai due generazioni fa – i notissimi studi di Domenico Demarco avevano restituito una visione più equilibrata della situazione economica del regno delle Due Sicilie rispetto a quella diffusa dalla pubblicistica “sabaudista” nel calore della lotta politica pre e soprattutto post-unitaria. I risultati di quella ricerca avevano avuto già allora larga diffusione anche attraverso la pubblicazione di testi in edizione economica rivolti a un pubblico assai vasto e addirittura di volumi dedicati alla formazione di militanti e quadri di partiti politici1. Le polemiche rivolte dalla libellistica neoborbonica contro la inesistente “storiografia ufficiale” a base di “non sapevamo” sono dunque prive di fondamento: se qualcuno non legge quanto viene pubblicandosi, non è certo colpa degli storici. Spesso però pare addirittura ottimistico supporre che gli autori delle fantasiose ricostruzioni che costituiscono la maggior parte di questa produzione non leggano e non abbiano letto nulla.

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