Carlo Alianello

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Carlo Alianello e i fucilati inesistenti

Carlo Alianello rimane ancora oggi il pontefice massimo del neoborbonismo, il vero creatore delle più incredibili fandonie sul mitico regno delle Due Sicilie propalate a piene mani da nipotini zelanti. Fu Alianello a coniare la similitudine tra l’esercito del regno d’Italia e le rappresaglie naziste, a lodare la mitezza del carcere inflitto ai detenuti politici dal magnanimo Ferdinando II, a regalare alla signorina Penelope Smyth, probabile «avventuriera», lo zio Palmerston, a incontrare i fantasmi dei soldati dell’esercito borbonico al chiaro di luna, a magnificare l’evangelica misericordia del buon re Ferdinando.

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Carlo Alianello e le carceri scomparse

Nel quadro della «Borbonian Renaissance» che da alcune ben precise aree “culturali” – e uso il vocabolo in senso strettamente antropologico – si continua a promuovere, riaffiorano anche antiche polemiche mosse a suo tempo dagli apologeti del governo napoletano per ribattere alle accuse che gli venivano mosse.
Si è tornati a così a parlare, riprendendo l’antologia romanzata di scrittori legittimisti pubblicata da Carlo Alianello una cinquantina d’anni fa, delle famose lettere sull’amministrazione della giustizia nel regno borbonico e sulle carceri napoletane scritte nel 1851 da William Gladstone al politico conservatore Lord Aberdeen, sollevando dubbi sulle reali motivazioni e circostanze del soggiorno dell’uomo politico inglese a Napoli, e negando che la sua testimonianza sulle condizioni dei detenuti politici fosse fondata su un’esperienza diretta.

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