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L’Italia francese di Pino Aprile

La nascita di un nuovo stato è in genere occasione solenne, da organizzare con momenti istituzionali e documenti fondativi non privi di una certa retorica celebrativa. Invece la nascita del Regno d’Italia avvenne – ci svela Pino Aprile tra gli applausi del suo pubblico in un dotto articolo su “Libre” del 22-11-2019 – con una buffa scena da vaudeville. In “quel giorno” infatti – non si dice “quale” giorno ma chi bada a questi dettagli? – nell’aula del parlamento di Torino «veniva annunciata l’Unità d’Italia con queste parole: “Le Royaume d’Italie est aujourd’hui un fait. Le Roi, notre auguste Souverain, prend lui-meme et pour ses succeseurs le titre de Roi d’Italie. Vive l’Italie!”. Gli dissero: Camillo, almeno dillo in italiano». L’annuncio dunque lo fece Camillo di Cavour in persona e naturalmente in francese perché il poveretto non parlava l’italiano, tanto che «dovette studiarlo»: quando non si sa, perché il dibattito parlamentare è del febbraio-marzo 1861 e, come è noto, il conte morì il 6 giugno, appena tre mesi dopo quella “proclamazione” che avvenne con la promulgazione il 17 marzo 1861 della legge n. 4671.

Se però si vanno a consultare i resoconti parlamentari dell’epoca si scopre che quella scena non si è mai svolta, è frutto del cervellino brioso del buon Pino Aprile. Cavour, intervenendo alla Camera il 26 febbraio sulla legge che conferiva a Vittorio Emanuele II il titolo di re d’Italia, aveva detto (ovviamente in italiano che era la lingua parlata nel Parlamento subalpino) che quella formulazione era «la consecrazione di un fatto immenso; la consecrazione della costituzione dell’Italia […] la cui esistenza come corpo politico era insolentemente negata […] È questa idea della formazione di questo Regno, della costituzione di questo popolo […] che viene meravigliosamente espressa, affermata colla proclamazione di Vittorio Emanuele II a re d’Italia».

Tutta la ridicola scena apriliana dunque è solo un tentativo, questo sì abbastanza goffo, di ridicolizzare insieme il Cavour e l’affermazione della nazionalità italiana che tanto dispiace al mondo neoborbonico. Personalmente confesso di avere qualche difficoltà perfino a scegliere la lingua nella quale definire e commentare simili “performances” culturali.

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