Società

Luigi Natoli: Le torture della polizia borbonica

Il De Simone coi gendarmi Tridenti, Scannapicco e Tempesta, nomi convenienti ai tre ribaldi, sottoposto a torture Antonino Lombardo, uno degli arrestati, gli strappava rivelazioni e documenti, che servirono di base all’accusa.
Per quelle propalazioni altri cittadini furono gittati nelle prigioni, e veniva formulato un formidabile atto di accusa, che inviava dinanzi la Gran Corte Criminale trenta giovani, di cui nessuno toccava i trent’anni. La Gran Corte li mandava assolti a dispetto della polizia; la quale si rifaceva torturandone altri, come il povero farmacista Schifani, che ne rimase storpio e deforme per tutta la vita (1853).

(1856) Cominciò tremenda opera di persecuzione; e compagni d’arme, ispettori di polizia, regie truppe com¬misero atti di crudeltà e violenze che fanno orrore. Il tenente colonnello Ghio, che comandava la colonna, mutando il mestiere di soldato in quello di sicario, do¬mandava al Maniscalco che segnasse con una croce i nomi di “quelli che dovevano sparire”; e tuttavia pa¬reva tiepido e fiacco al direttore di polizia.

(1856) Il Bajona, aveva inventato ordegni di tortura ignoti agli antichi, quali la muffola specie di ceppi di ferro, la cuffia del silenzio, congegno che serrando le mascelle impediva i lamenti, e lo strumento angelico, morsa nella quale si stringevano, fino a stritolarli, i pollici. La esistenza dei quali ordegni, rivelata dal d.r Giovanni Raffaele su giornali inglesi e italiani, levò grido di orrore, e fu smentita dal governo borbonico, come voce calunniosa; e modernamente giudicava una invenzione da un compilatore di storie, che non ricordava forse, come vi fossero altre testimonianze, e come nel 1862 quegli strumenti fossero stati trovati nelle carceri di Palermo dall’avv. Nani.

Il Baiona usò largamente delle sue orrende invenzioni nella caccia allo Spinuzza e ai compagni; e il racconto delle sevizie inflitte da lui e dai suoi complici parrebbe incredibile: né soltanto uomini adulti ebbero il capo stretto dalla cuffia, mentre erano fieramente percorsi da nerbi, o pesti sullo stomaco fino a rompersi negli inguini; e legate le mani coi piedi per mezzo dello strumento angelico furon rotolati per terra a calci, o torturati con fili taglienti perché non prendessero sonno; ma anche fanciulli e fanciulle, non ancor dodicenni, erano sottoposti a supplizio, perché rivelassero il nascondiglio del padre, o perché non piangessero delle sue sofferenze.
Con questi mezzi quei tre banditi in veste di poliziotti, alla testa dei compagni d’arme, schiuma di ribaldi reclutati nel rifiuto delle galere, cercavano ottenere propalazioni e denunzie, e aver nelle mani i proscritti.

Luigi Natoli: La rivoluzione siciliana – Narrazione.

Tratto da: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.

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